Attenzione ai poveri del mondo!
Vi scrivo durante il volo di rientro dal Nepal, una delle nazioni più povere del mondo. È la seconda volta che vado a Kathmandu, la capitale, ed è la seconda volta che torno stimolato dalla gioia di vivere che i nepalesi trasmettono e dal fermento, proprio dei paesi comunque in crescita, che si percepisce, seppure la maggioranza delle persone ancora oggi sopravvive guadagnando circa $1,000 -$1,200 all’anno …. Sì esatto, il nostro costo di una bicicletta da corsa di bassa qualità!
Nella lista stilata dalla Banca Mondiale, il Nepal ricade nei paesi Low Income, a basso reddito, in cui il Gross National Income o GNI (una sorta di PIL pro-capite) è pari o inferiore a $1,000, mentre le Middle Income Countries hanno un GNI tra $1,000 e $12,000 e noi appartenenti agli Stati ricchi (High Income Countries) superiamo la soglia dei $12,000. Ora, il numero da non dimenticare è questo: dei 7,5 miliardi di cittadini che popolano la Terra, l’83% circa vive nelle Low-and-Middle-Income Countries (o LMICs), vale a dire 6,3 miliardi di PERSONE !!!! E attenzione, Cina e India insieme pesano insieme ben meno della metà (c. 2,8 miliardi) di questa cifra esorbitante.
Una volta questi paesi erano indicati, nel linguaggio comune occidentale, come Terzo Mondo, poi si passò alla definizione di ‘Paesi-in-via-di-sviluppo’, ora li chiamiamo ‘Paesi Emergenti’: a mio avviso, tra 5 anni verranno chiamati ‘Nuova Asia, Nuova Africa, Nuovo Latam’ e fra 10-15 anni alcuni di essi saranno gli unici ‘Paesi Dominanti’.
I tassi di crescita annui sono molto marcati in pressoché tutti le LMICs da ogni angolo li si consideri; la consapevolezza che “Knowledge is freedom and ignorance is slavery”, per dirla con Miles Davis, è diffusa in ogni meandro delle LMICs (basti guardare alle politiche sulla scuola promosse recentemente in India oppure ai piani pluriennali perseguiti dai governi del Sud-Est asiatico - per non parlare di Cina naturalmente - affinché si acquisiscano le conoscenze e le competenze presenti all’estero per sviluppare le proprie risorse interne). Le dimensioni di queste nazioni o continenti sono tali che, giunti ad un certo grado di sviluppo, in un futuro non lontano questi popoli saranno del tutto ‘autosufficienti’, quindi questi 6,3 miliardi di persone avranno sempre meno bisogno di noi “dei paesi ricchi”, e lo sanno! Mentre, forse noi non ci rendiamo conto che avremo molto bisogno di loro.
Certo, dittature e corruzione sono ancora oggi i grandi limiti di moltissimi di questi paesi (..non che le HICs siano esenti da corruzione..), ma son convinto che non mancheranno stravolgimenti positivi anche in queste direzioni perché i continui sviluppi sociali ed economici producono in maniera naturale anche miglioramenti di governance di un popolo.
Ciò che sorprende e al contempo mi infastidisce è la miopia di noi che viviamo in Stati ad alto reddito nel continuare a pensare che la nostra vera o presunta ‘supremazia’ (peraltro, non mi sono chiare le metriche per misurarla) legittimi un’attribuzione di inferiorità ai cittadini delle LMICs e che sia destinata a durare per sempre !
Un semplice esempio dell’amata Italia. Il tema dell’immigrazione – delicatissimo e difficilissimo nella gestione – muove da anni da un presupposto falso e antistorico: noi vogliamo tenere fuori lo straniero “invasore” anziché abbozzare secondo verità, ossia che abbiamo bisogno di stranieri a sostegno della nostra economia. Per converso, tuttavia, passa sempre inosservato che già oggi vasti segmenti di mercato domestico siano passati o stiano progressivamente ma velocemente passando sotto il controllo straniero, compresi diversi paesi facenti parte delle LMICs. È un po’ come se dicessimo: “se avete i soldi per comandarci, accomodatevi! Se siete disposti a lavorare per noi, state lontano! “
NON CAPISCO.
Se poi guardiamo oltreoceano, si congelano gli stipendi di 800.000 dipendenti pubblici, e presumibilmente altrettante famiglie, in nome di un muro per tenere fuori dal paese persone i cui futuri contributi fiscali e di consumo saranno essenziali per continuare a pagare gli stessi dipendenti pubblici… MAH !?!
Richiamando i passaggi verso il Successo, è come se l’Obiettivo confliggesse con il Problema, quindi questo non verrà mai risolto…
Il principale danno che consegue alla miopia delle HIC è la mancata preparazione al futuro. È una penalizzazione non solo per i giovani ma anche per tutte quelle forze attive del sistema paese che beneficerebbero di un’espansione di dialogo o di business, la quale espansione però richiede l’accoglimento e l’inclusione di un Altro da sé che noi ignoriamo. Non mi è dato conoscere – e vi supplico, sconfessatemi se potete – alcun programma di studio e di formazione permanente votata a far comprendere culture e futuri bisogni di questi 6,3 miliardi di persone: e non sollevo il tema per spirito filantropico o caritatevole, ma più semplicemente perché rappresentano la vera e più grande fonte di DOMANDA cui noi, “futuri poveretti”, non ci rimarrà altro che provare a dare risposta con la nostra OFFERTA.
Il lato positivo risiede nelle straordinarie e numerose opportunità che il futuro ci riserva se ci prepariamo per tempo. Senza alcun tono drammatico, credo che l’avvicendamento del “potere occidentale” sia una questione di tempo, e non troppo lungo. La velocità di cambiamenti della domanda è tale per cui la difesa della supremazia attraverso la tecnologia si tramuterà presto in un boomerang a favore di chi oggi è più arretrato perché la stessa tecnologia ne faciliterà e accelererà la crescita. Pianificare il nostro futuro con questo possibile “cambio della guardia” significa impostare i propri programmi di studio o di sviluppo (professionale o aziendale) con un occhio diverso: tener presente queste persone ad oggi a noi lontane e le loro culture; cercare di conoscerli e soprattutto avere l’umiltà di riconoscere che già ora abbiamo, ma senza dubbio avremo, sempre più bisogno di loro.
Di qui il mio modesto invito ai più giovani a superare i confini più vicini e comodi nelle proprie esplorazioni e ad avventurarsi nella conoscenza anche di chi al momento è certamente meno fortunato di noi, nella consapevolezza che è opportuno trovarsi pronti ad essere in grado di creare valore per questi 6,3 miliardi di persone, ciascuno con un nome ed un cognome.
Namaste!
Simone Rondelli