Questi primi giorni agostani sono per molti l’inizio di un tempo di riposo e fuga mentale dall’opprimente semestre passato: comprensibilmente, tutti noi desideriamo allentare quella tensione che la paura della pandemia e le conseguenti preoccupazioni hanno creato. Non meno istintiva è anche la tentazione di immaginare che a settembre tutto torni in equilibrio, pur senza conoscerne i contorni.
Ahimè, temo che l’autunno, invece, sarà un periodo molto difficile dove saremo costretti a prender atto che la sofferenza - vuoi per le modalità di vita quotidiana, vuoi per il lavoro, vuoi per il rischio di recrudescenza del virus – vestirà ancora il ruolo di protagonista. A mio parere, la matrice d’origine di queste difficoltà rimarrà la grande desuetudine ad affrontare il cambiamento, soprattutto cambiamenti repentini e di grande portata, di cui abbiamo avuto ampia anticipazione nei mesi scorsi.
Insistendo, per convinzione, sulla centralità dell’Altro quale principio attivo fondamentale per superare con soddisfazione i cambiamenti, qui vorrei porre due domande a chi ha la fortuna di essere in vacanza: perché stare in prolungata compagnia di amici e familiari, o scoprire luoghi e fatti nuovi, o ammirare eventi della natura (compreso ascoltarne i silenzi), o compiere “imprese” sportive genera un sorriso, compiacimento e, spesso, forza vitale per affrontare l’indomani con vivacità e serenità? La seconda domanda, perché il sapore e gli effetti di queste esperienze sono rispettivamente maggiore e più duraturi in vacanza?
Sarei felicissimo se voi che continuate ad avere la pazienza di leggere questo Blog condivideste le vostre risposte….
Nel frattempo, vi provoco – e forse vi annoio - con le mie.
Sentirsi parte di un contesto che, pur se delimitato per scelta, si spinge oltre la propria individualità ed estende i confini a ciò che ci è prossimo, dà una sensazione di sicurezza, sprona riflessioni e idee, tramuta in esperienze vive la tensione per ciò che ci circonda. In altre parole, sorriso, compiacimento e forza vitale sono le manifestazioni corporee della relazione tra sé e l’Altro. E in vacanza dedichiamo molto più tempo a questo con-te-sto, dunque gli effetti si amplificano per intensità e durata.
È come se l’“ordinarietà” (composta di vita familiare, lavoro, scuola, hobby, volontariato e convivialità sociale) di 335 giorni all’anno nel proprio luogo di residenza dovesse seguire una procedura, a tratti frenetica, in cui si è soli contro tutti; e poi per 30 giorni (tra ferie, ponti e vacanze) si scoprisse che esiste un mondo più grande di cui possiamo far parte con spirito comune e non antagonista. In realtà, quel medesimo mondo è accessibile tutto l’anno e, anzi, è uno spazio entro il quale il cambiamento può essere affrontato con il contributo di tutti coloro che ne fanno parte, dunque traendo la maggior forza che fa l’unione.
Sono consapevole che le coordinate del pensiero dominante non indirizzano verso l’Altro come fonte di benessere; purtuttavia, mi sia concesso rilevare che le ‘ Notizie dal Mondo ’ stentano a dar prova che la formula prevalente sia vincente e forse è giunto il momento di tentare una nuova strada.
Teniamoci, dunque, cari i sorrisi di questi giorni per una serata di festa in spiaggia, per l’emozione di un tramonto o la scalata di una vetta, e se nei mesi a venire ci troveremo in lotta con l’evoluzione della storia, cerchiamo di non perdere il sorriso!