Nel 2015 promossi un’iniziativa per aiutare la formazione dei giovani. Si trattava, da una parte, di raccogliere fondi da destinare all’edilizia delle scuole pubbliche e, dall’altra, di chiedere agli istituti il comodato di quattro aule dove offrire corsi di formazione su questioni di Metodo.
Nello specifico, insieme ad un gruppo di professionisti avevamo sviluppato un percorso formativo – chiamato Idea Generation Forum - teso a trasmettere un metodo per facilitare il passaggio da un Problema alla Soluzione, il cui nucleo centrale risiedeva nella centralità dell’Altro da sé quale viatico per giungere più velocemente ai propri obiettivi e soddisfare i propri desideri.
Le sessioni di coaching che avevamo concepito potevano essere certamente classificate nel novero del Problem Solving ma, a differenza della tipica proposta di mercato, il nostro percorso non aveva contenuto tecnico né offriva risposte comportamentali (standard) basate su modelli prestabiliti: il nostro intento era di rafforzare le capacità di ciascun individuo attraverso un metodo di ricerca, ossia acquisendo la capacità di formulare domande a sé e agli altri, lasciando il singolo dare le proprie risposte in base alle sue qualità, conoscenze, credenze e storia. Tutte le domande, però, inglobavano il principio di alterità cosicché le risposte avrebbero potuto mettere il singolo nelle condizioni di soddisfare il “Tu” prima o insieme all’ “Io”.
In quanto Metodo e in quanto aperto (ossia non foriero di risposte tecniche o standard), esso è adatto ad essere applicato in qualsiasi contesto. Richiamando la definizione che Harry Kraemer (ex CEO di Baxter e oggi professore di Leadership alla Kellogg’s School of Management di Chicago) attribuisce al concetto di Shareholder Value quale “A dependent variable that reflects the satisfaction of the team and the customers”, anche ma non solo nel mondo del lavoro era per noi facilmente intuibile la portata di una mentalità votata alla centralità dell’Altro da sé !
Rispetto all’odierna impostazione formativa o di training, Idea Generation Forum voleva, dunque, proporre un nuovo paradigma: dal “Saper Fare” al “Saper Essere” ! … Forse proprio questo anelito di cambiamento fu alla base del rifiuto che alla fine incontrammo.
Ma Essere cosa? Essere in grado di esprimere se stessi creando valore per sé e per gli altri. Il limite che ad oggi ostacola larghe fasce di giovani e meno giovani risiede nell’incapacità di cogliere le relazioni e i collegamenti della propria sfera individuale con quella di coloro che condividono spazio e tempo di azione.
Quando di una persona si dice “Lavora tanto ma non risolve mai il problema”, o “È solo un esecutore ma non ha idee” oppure “Non basta un’idea per giungere al risultato” o ancora “Non sa comunicare”, molto spesso si denuncia la mancanza di mettere in relazione fatti, persone e circostanze più che deficit di preparazione tecnica o di competenze interpersonali. In altre parole, enunciare ad un giovane lo skill-set cui deve puntare senza spiegare un metodo che dia ragion d’essere a queste competenze da acquisire, rischia di rimanere lettera morta per molti.
Ecco perché la chiave di volta è l’Essere e non il Fare. Una delle prime rappresentazioni grafiche, infatti, che elaborammo fu il riordino delle cosiddette “Competenze del Futuro” secondo azioni richieste in un contesto popolato di altre persone, ossia il normale ambito di vita.
Qual era il presupposto in cui il Metodo proposto si sarebbe inserito? Imparare a riconoscere il contesto e all’interno di esso collocare il flusso unitario che lega il Problema alla sua Soluzione.
In cosa consisteva questa formazione sul Metodo? Avevamo concepito quattro Moduli che spiegassero ed “allenassero” a collegare ogni problema ad una sua possibile soluzione.
Bene, a fine 2015 avevamo il commitment per 500.000Euro da destinare all’edilizia pubblica, avevamo redatto programmi e materiali didattici, con tanto di esercitazioni, per ciascuno dei quattro moduli, avevamo due Presidi (oggi Dirigenti di Plesso) di rispettivi licei milanesi con urgenti necessità di ristrutturazione immobiliare che ci supportavano ma sondati tutti, dal MIUR alla Regione Lombardia e alla Provincia, non riuscimmo a far breccia. Tante belle parole e complimenti ma nulla di fatto. Certo, io pretendevo di vincolare la destinazione dei fondi a capitolati di intervento prestabiliti presso questi istituti pubblici e ciò forse non fu propriamente apprezzato.
Fallita la via pubblica, mi rivolsi ad alcuni istituti scolastici privati ma qui l’ostacolo fu la resistenza dei docenti ad un’impostazione che avrebbe denunciato il limite di una didattica frontale mirata a trasmettere nozioni ma lungi dal sopportare il sacrificio di un coordinamento che avesse come obiettivo far capire che relazione c’era tra ogni studente e ciò che era chiamato a studiare.
Non demordemmo e provammo anche Confindustria, grazie ad un amico ci ricevette l’ufficio formazione della Confindustria di Alessandria ma nulla ne seguì.
Certamente incasellai io tanti errori o forse, benché ancora oggi ne sia profondamente convinto, il mio progetto non era corretto, ossia sbagliammo in 14 persone a riconoscere il problema o la selezione delle risorse per promuovere il progetto. Comunque sia, questa è la storia di un mio insuccesso. Se però qualcuno fosse interessato a riprendere il discorso, non esiti a contattarmi.
Simone Rondelli